Ultimi arrivi

Gli avvenimenti teatrali qui recensiti sono tra i maggiori datisi in Italia nel '91-'92 e anche, a giudizio di Quadri, i più significativi tra quelli rappresentati all'estero. Si va quindi dai Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello con la regia di Zeffirelli (Teatro Antico di Taormina), al Don Quichote di Cervantes, regia di Maurizio Scaparro (Expo di Siviglia), da Johan Padan e la descoverta de le Americhe di Dario Fo (Teatro Trento), a Ulisse e la balena bianca (da Moby Dick di Melville) regia di Vittorio Gassman (Colombiadi e Teatro di Genova), da Julius Caesar di Shakespeare, regia di Peter Stein (Festival di Salisburgo), a Come tu mi vuoi di Pirandello, regia di Giorgio Strehler (Piccolo Teatro di Milano)
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Nel 1947 la nascita del Piccolo Teatro di Milano introduce la forma del teatro stabile ad iniziativa pubblicai. Tale modello culturale e organizzativo è elevato a 'formula' universale nelle esperienze degli stabili che sorgono nei principali centri urbani tra il 1950 e il 1965. Tale periodo vede l'affermazione e il consolidamento di una modalità inedita di produzione teatrale e di diffusione della cultura, nonché l'ampliamento di una rete di nuove istituzioni. Tra il 1965 e il 1975 la rivoluzione culturale, sociale e politica travolge anche gli stabili, che vengono identificati con l'incarnazione della dittatura del potere centrale in ambito culturale; dalle macerie del sistema emergono però nuovi modelli di stabilità. Gli anni Ottanta aprono un nuovo periodo critico per i teatri di matrice pubblica. La prima parte di questo volume studia la storia del sistema teatrale italiano nel Novecento, mentre la seconda cerca di scattare una fotografia delle istituzioni teatrali, raggruppandole per area geografica. L'analisi della vicenda artistica e istituzionale dei teatri stabili porta a interrogarsi sul significato del concetto di teatro pubblico oggi.
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Gli spazi lasciati aperti vengono ad uno ad uno occupati dagli incontri, dalle persone e dai contenuti che si generano. Ma per far sì che questo si verifichi è necessario il rigore della rinuncia, quella di sottrarsi al meccanismo che impone scelte obbligate in cambio di finanziamenti, quella di non lasciare spazio alle pratiche che riportano l’arte su un piano acritico di semplice comunicazione o intrattenimento. La rinuncia, insomma, a tutto ciò che allontana l’organizzazione di uno spazio destinato alla cultura dalla sua primaria funzione politica, quella cioè di farne un presidio di civiltà, di promozione e non di conservazione, di ricerca e non di esibizione.
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"Se un festival è un evento artistico (non nel senso che ospita opere d'arte, ma nel senso che è esso stesso opera d'arte), allora darà ragione della sua natura proprio nella complessità della proposta e nel rilancio continuo di questa complessità. [...] Un festival [...] è una festa. Ovvero un evento eccezionale animato da forze eversive, contro natura per sua costituzione e in grado di criticizzare, come l'arte sa fare, ogni mansueta certezza, ogni illusione di stabilità. Una festa della conoscenza, come le danze e i cortei del coro tragico da cui tutto ha avuto inizio. Una conoscenza che non dovrebbe esaurirsi nell'arco di poche giornate, ma che dovrebbe ispirare i successivi incontri e il confronto con quei temi che sono alla base di un processo artistico e politico."
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Come libro «facile», ben scritto il racconto di Tofano si può leggere come un romanzo teatrale. Come libro «difficile», vent’anni dopo la sua prima pubblicazione, resta un’opera fondamentale. Tofano era stato un «brillante» di proverbiale eleganza. Quando il suo libro uscì, era da tempo il primattore del teatro di regia e un maestro dell’Accademia d’arte drammatica: questo cambio di campo infulì sulla scrittura che procede allontanandosi dalla sua materia. Un allontanamento legittimo , quando racconta l’essenziale di un’esperienza p0ersonale; meno legittimo quando riproduce non una «memoria storica», ma le incomprensioni del teatro registico verso gli attori che l’avevano preceduto, o quando fa nascere il mattatore del gigione. Anche in questo libro è una vera testimonianza. Anche così, fra profondo rispetto, nostalgia e disagio, si trasmise la memoria del teatro italiano
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