In principio, nel III secolo a.C., si chiamarono 'munera', cioè obblighi verso i defunti. Poi il nome rimase, ma via via i combattimenti gladiatorii persero il carattere di cerimonia funebre e acquisirono quello di festività offerte da personalità politiche e dall'imperatore per procurarsi consenso, secondo la nota espressione di Giovenale: 'panem et circenses'. Una tradizione che durò oltre sette secoli, quasi tutta la storia di Roma, nel segno dell'intrattenimento grandioso, esotico, violento e globale. Vero e proprio spettacolo interattivo cui il pubblico partecipava non solo con le incitazioni ai contendenti, ma anche decidendo il destino dei vinti. Ma come nasce questa usanza e che cosa diventa con il passare dei secoli e con il mutare delle forme di governo? Chi erano i gladiatori? Quale posto occupavano nella scala sociale? Quali e quanti ruoli ricoprivano nell'arena? Con quali costumi e con quali armi? Come erano organizzati i 'ludi', le scuole per l'addestramento dei combattenti? Quanti settori contribuivano all'organizzazione, alla preparazione, alla messa in scena, al programma di eventi che duravano giorni, richiedevano vittime e carnefici, cacciatori e fiere, musici e duellanti, maestri d'armi e maestri di cerimonia? Federica Guidi ci descrive la scena e i retroscena di un costume che ha attraversato i secoli e che ancora ci riguarda, se è vero che i rituali di violenza e di morte non sono mai del tutto scomparsi. E fornisce, accanto ai documenti storici, letterari e legislativi che testimoniano tutte le fasi della gladiatura, anche un ricco apparato iconografico. I gladiatori furono idolatrati e al tempo stesso disprezzati. Non sempre si attennero al copione. A volte vennero utilizzati come esercito privato, a volte si misero alla guida di grandi rivolte, come nel caso di Spartaco, che tenne in scacco Roma per tre anni. Personaggio storico divenuto leggenda, Spartaco è solo la più nota delle voci discordi che accompagnarono i ludi gladiatorii. Ve ne furono altre, da Cicerone a Orazio, da Seneca a Petronio, da Giovenale a Tacito, che restarono comunque inascoltate, sommerse dai clamori dell'arena. La gladiatura sarebbe rimasta fino alla fine una passione dominante in tutto l'impero romano.