Il teatro italiano conosce negli anni '60 un fiorire di iniziative e di sperimentazioni tutte nuove, tutte all'insegna di un rinnovamento radicale che investe non soltanto le forme e i contenuti, ma il modo stesso e i luoghi e le intenzioni del proporsi al pubblico. Dalle cantine romane al formarsi delle prime cooperative, alla creazione di circuiti alternativi e decentrati, fino ai tentativi dí incontro con le istituzioni (province, regioni), l'itinerario di un'evoluzione «difficile» si ricostruisce da sé, attraverso le testimonianze dirette, momento per momento, spettacolo per spettacolo, di quanti - a partire da Carmelo Bene - ne sono stati e ne sono protagonisti. Non dunque un ripensamento a posteriori o un tentativo di storicizzazione, ma la ricostruzione dall'interno, e fino allo ieri più immediato, di una vicenda quanto mai aperta e pniblematica.Carmelo Bene, Carlo Quartucci, Mario Ricci, Leo e Perla, il Teatro dei 101, la Comunità Teatrale dell'Emilia Romagna, Giancarlo Nannì, Carlo Cecchi, l'Ouroboros, Vasilicò, Memè Perlini, Giorgio Marini, il Carrozzone di Firenze, Remondi e Caporossi, Simone Carelia: ovvero l'avanguardia italiana dai tempi eroici e dissacranti dell'underground all'ultima negazione del teatro concettuale. E poi, «per un catalogo del teatro di ricerca», un'ampia documentazione degli altri gruppi più rappresentativi, estesa anch'essa dagli anni '60 fino alle nuove generazioni e alle ultimissime proposte. A completare il discorso, una serie di strumenti di consultazione, dal rendiconto dettagliato dell'attività di ciascun gruppo, all'identificazione di quegli spettacoli «altri», italiani e stranieri, che hanno costituito dei punti di riferimento per il Nuovo Teatro, alla ricostruzione bibliografica del discorso critico che si è sviluppato in questi anni.