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La vicenda dell’Odin Teatret, nascente gruppo norvegese capitanato dall’italiano Eugenio Barba, che, nel 1966, si stabilisce nella cittadina danese di Holstebro, non è solo di per sé significativa. Infatti, dimostra che l’Odin, con l’aiuto di collaboratori come lo storico del teatro Chr. Ludvigsen, è stato in grado d’imporre una visione culturale d’avanguardia, al di là degli spettacoli, anche su quel piano legislativo che di norma fissa determinanti categorie di un periodo e di una cultura. Il successo di questa formazione è chiaramente conseguenza della sua intraprendenza, ma soprattutto della capacità strategica di costituire alleanze complesse ed efficaci. Da questo punto di vista, il rapporto fra l’Odin Teatret e Chr. Ludvigsen appare cruciale nella storia del gruppo di Eugenio Barba ed è divenuto il tramite per affermare il riconoscimento di uno scatto epocale dalla nozione di sperimentazione scenica a quella di teatro laboratorio.
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Come sempre accade per la danza butô questo non significa che lo spettacolo sia la trasposizione del testo i un soggetto in un altro linguaggio: dalle parole al movimento. All’inizio c’è unrivelazione delle proprie esperienze e memorie conservate nel corpo.All’inizio c’è un’immagine: “Descrivere il butô è molto difficile, tanto più che ciascun danzatore è differente. Per me butô significa semplicemente danza: c’è un giapponese che danza ed è molto differente da un francese che danza. Evidentemente è possibile rintracciare una spiegazione di questa differenza nell’educazione o nella cultura, ma il fatto è che si tratta soprattutto di una ricerca interiore caratteristica di ognuno. La mia è stata fortemente influenzata dal teatro nô: la musica, le parole e il movimento – che originariamente non ne faceva parte: dunque ce n’è molto poco, ma spiega molto.In compenso nel mio butô i movimenti non spiegano nulla. Con pochi gesti il mio corpo pronuncia parole interiori. Fate attenzione all’evoluzione biologica del corpo… Dalla nascita alla morte il corpo si sviluppa e poi regredisce ed io sono questa evoluzione. A vent’anni ero muscolarmente molto solida e la mia danza era fisica ed esteriore, mentre oggi sono sempre più fragile. I miei movimenti oggi sono molto interiori ma nutriti da un grande capitale d’esperienza: è come se voi depositaste durante tutta la vita denaro su un conto in banca e un giorno constatate di essere ricchi. A differenza di quanto succede per i danzatori in Europa, specialmente nel balletto classico, si fermano a quarant’anni, ci sono molti danzatori vecchi in Giappone. Noi diciamo che la vita comincia a cinquant’anni.
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