Ultimi arrivi

Questo libro racconta la storia d’una rivoluzione nel lavoro dell’attore, che si sviluppa tra i primi anni e la seconda metà del Novecento. Semplicemente, dalla sfera di emozioni e sentimenti, il centro d’interesse fu trasferito al corpo: visto non più come supporto d’una coreografia di gesti per compiacere lo spettatore, ma come strumento d’una dinamica di azioni efficace a trasformare l’attore stesso. Alcuni si spinsero fino a vedere in questa trasformazione un livello spirituale. La centralità del corpo impose all’attenzione i luoghi dove il corpo è naturalmente al centro. Palestre, arene di pugilato, circhi equestri coi loro trapezi e funi sospese, si affiancarono alla scena come laboratori per il teatro. Così, insieme ai Padri Fondatori – Stanislavskij, Craig, Copeau, Artaud, Ejzenštejn, Brecht, Decroux, fino a Grotowski e Barba –, nelle stesse pagine di questo libro agiscono pugili, acrobati, maestri di ginnastica e orsi lottatori. Portatori di un’utopia del teatro all’insegna dell’“attore che vola”. Per metafora, nella percezione dello spettatore e, oltre la metafora, nella percezione che l’attore può maturare del proprio stesso corpo. Le utopie hanno tempi lunghi. E non agiscono solo allo scoperto. Sotto il tempo dell’evidenza storica – che è finito, col Novecento – continua a scorrere un tempo nascosto, che aspetta il momento per far riaffiorare ancora l’utopia dell’“attore che vola”, nel teatro dopo il Novecento.
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