Come sempre accade per la danza butô questo non significa che lo spettacolo sia la trasposizione del testo i un soggetto in un altro linguaggio: dalle parole al movimento. All’inizio c’è unrivelazione delle proprie esperienze e memorie conservate nel corpo.All’inizio c’è un’immagine: “Descrivere il butô è molto difficile, tanto più che ciascun danzatore è differente. Per me butô significa semplicemente danza: c’è un giapponese che danza ed è molto differente da un francese che danza. Evidentemente è possibile rintracciare una spiegazione di questa differenza nell’educazione o nella cultura, ma il fatto è che si tratta soprattutto di una ricerca interiore caratteristica di ognuno. La mia è stata fortemente influenzata dal teatro nô: la musica, le parole e il movimento – che originariamente non ne faceva parte: dunque ce n’è molto poco, ma spiega molto.In compenso nel mio butô i movimenti non spiegano nulla. Con pochi gesti il mio corpo pronuncia parole interiori. Fate attenzione all’evoluzione biologica del corpo… Dalla nascita alla morte il corpo si sviluppa e poi regredisce ed io sono questa evoluzione. A vent’anni ero muscolarmente molto solida e la mia danza era fisica ed esteriore, mentre oggi sono sempre più fragile. I miei movimenti oggi sono molto interiori ma nutriti da un grande capitale d’esperienza: è come se voi depositaste durante tutta la vita denaro su un conto in banca e un giorno constatate di essere ricchi. A differenza di quanto succede per i danzatori in Europa, specialmente nel balletto classico, si fermano a quarant’anni, ci sono molti danzatori vecchi in Giappone. Noi diciamo che la vita comincia a cinquant’anni.