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La scoperta, nella Real Biblioteca di Madrid, di un quaderno di appunti di un comico professionista della fine del Cinquecento (manoscritto II-1586), oltre ad altri fogli di appunti dello stesso autore (manoscritto II-1391), mette a disposizione un materiale di grande importanza per arricchire la conoscenza che fino a oggi si aveva dei comici della prima generazione della cosiddetta Commedia dell’Arte e del loro metodo di lavoro. Appartenenti a Stefanelo Botarga, uno dei membri della compagnia di Zan Ganassa – compagnia che operò in Spagna durante l’ultimo terzo del xvi secolo – questi manoscritti apportano un contributo prezioso alla conoscenza degli spettacoli che i comici italiani introdussero nella Penisola Iberica e permettono di studiare l’interrelazione tra il teatro spagnolo e quello dei comici italiani. In questo libro si presenta l’edizione del più ampio di questi manoscritti, il II-1586 della Real Biblioteca, che contiene, oltre a numerosi canovacci e prologhi, i materiali letterari che servirono da tessuto verbale per gli spettacoli portati sulle scene da questo attore. L’edizione è accompagnata da uno studio critico nel quale, a fianco delle informazioni relative al codice (descrizione, provenienza, attribuzione, datazione, ecc.), si fornisce una interpretazione generale degli appunti e dei testi eterogenei contenuti nel manoscritto e si riuniscono le notizie conosciute sull’attività delle compagnie italiane nella Spagna del Cinquecento e, in particolare, quelle di Zan Ganassa e del suo compagno Botarga
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Abbandonando l'ottica universale e antropologica di illustri lavori precedenti (come Storia della danza di Curt Sachs, o Danza e balletto di Gino Tani), il manuale di Pontremoli sceglie di limitarsi, con una concretezza che evita i pericoli di teorizzazioni disgiunte da solide basi documentarie, allo studio dell'evoluzione della danza occidentale nell'epoca moderna, cioè alla sua progressiva definizione come genere spettacolare parallelo alla lirica e alla prosa; un'ottica che comporta una minore attenzione verso il ballo e le danze sociali, esaminati nel loro rapporto con la danza e il balletto teatrali (causa di ricadute nella coreografia degli spettacoli e nelle tecniche dei professionisti).Dopo avere rilevato, nel primo capitolo, che già nel Medioevo la danza occidentale presenta un consistente repertorio di tecniche performative professionali, l'autore illustra come la fortuna quattrocentesca dei balli di società inneschi una richiesta di competenze tecniche che porta alla nascita di una nuova figura, il maestro di danza, e in seguito alla separazione fra danzatori occasionali e di mestiere, con l'inserimento di questi ultimi fra le attrazioni delle feste di corte (e successivamente dei teatri commerciali); la nascita della danza professionale e spettacolare porta a una progressiva presa di coscienza, da parte dei ballerini stessi e dei coreografi, della necessità di sviluppare un proprio linguaggio drammaturgico che conferisca alla loro arte, evitando la ghettizzazione nell'ambito delle esibizioni basate sulla semplice performance fisica, la stessa dignità delle rappresentazioni teatrali; analogamente viene avvertita la necessità di svincolare lo spettacolo di danza dalla funzione di complemento a altri eventi più importanti.La storia della emancipazione della danza come genere autonomo è affrontata restituendo una precisa personalità ai protagonisti di questo percorso e esaminando le successive poetiche drammaturgiche che fanno della danza classica un oggetto molto più complesso nelle sue stratificazioni di quanto appaia a uno sguardo superficiale; infine il manuale approda al Novecento, secolo in cui una nuova sensibilità corporea ridefinisce lo statuto di questa arte come forma di espressione; il panorama del secolo appena trascorso è tracciato con competenza, individuando allo stesso tempo nella danza attuale i contributi forniti dalle avanguardie e le eredità delle tecniche classiche, e evitando confusioni di fenomeni diversi all'interno di uno stesso calderone; analoga attenzione spinge l'autore a parlare in questo capitolo del Butô giapponese, danza nata sulla base di una ideologia della crisi che la rende molto più vicina alle esperienze espressioniste europeee che al panorama tradizionale dell'arcipelago.Il saggio è completato da un glossario dei termini tecnici, da un ricco corpo di schede relative ai personaggi di cui si parla nel volume (un vero e proprio dizionario biografico), e da un apparato iconografico costituito da 31 tavole.
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La scena teatrale ha sempre svolto un ruolo fondamentale nell'elaborazione collettiva della coscienza tragica. Se è vero che oggi gli artisti di teatro più profondi e originali che danno voce al sentimento tragico non sembrano per lo più muoversi sulla falsariga della tragedia, è vero peraltro che questo genere ereditato dalla tradizione è vischioso e che il modello antico non cessa di affascinare la creazione moderna. Possono quell'antropologia e quella drammaturgia antica mettere in gioco ancora le nostre domande sul tragico? Che cosa di fatto avviene quando il mito o il testo della tragedia antica entra in collisione con filosofie, ideologie, convenzioni, istanze comunicative attuali? Come dialoga il modello con la contemporaneità? Sono questi gli interrogativi sottesi ai saggi che qui presentiamo, articolati in due parti. La prima, affidata a studiosi del mondo greco, riflette sul funzionamento di un congegno capace di portare a galla un vissuto angoscioso, ma anche di controllarlo, ed evidenzia i segni della crisi già tuttavia presenti in una macchina rassicurante. Non è facile, infatti, raggiungere e mantenere stabilmente un equilibrio nell'elaborazione del tragico; I'intuizione della “fralezza del destino umano” si riaffaccia continuamente sul disincantato e sulla paura. Nella spinta a trasformarsi, interna alla tragedia fin dalla sua origine, sta forse la base di una duttilità a modellarsi su contenuti sempre nuovi che provoca e alimenta l'inchiesta della modernità. I saggi della seconda parte analizzano alcuni momenti della scena degli ultimi decenni in cui la tragedia antica si plasma sui temi ideologici del nostro tempo e si offre come paradigma ideale per progetti di rinnovamento del teatro volti a ritrovare, in un confronto con le radici, i connotati della comunicazione teatrale che il tempo ha depotenziato o smarrito. Quel che interessa indagare, dunque, sullo stimolo della tragedia antica che attraversa il moderno, è, insieme, una filosofia dell'esistenza e una filosofia della scena.
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Gli avvenimenti teatrali qui recensiti sono tra i maggiori datisi in Italia nel '91-'92 e anche, a giudizio di Quadri, i più significativi tra quelli rappresentati all'estero. Si va quindi dai Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello con la regia di Zeffirelli (Teatro Antico di Taormina), al Don Quichote di Cervantes, regia di Maurizio Scaparro (Expo di Siviglia), da Johan Padan e la descoverta de le Americhe di Dario Fo (Teatro Trento), a Ulisse e la balena bianca (da Moby Dick di Melville) regia di Vittorio Gassman (Colombiadi e Teatro di Genova), da Julius Caesar di Shakespeare, regia di Peter Stein (Festival di Salisburgo), a Come tu mi vuoi di Pirandello, regia di Giorgio Strehler (Piccolo Teatro di Milano)
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