Dal 1913 fino alla Rivoluzione del 1917, nella Pietroburgo animata dalla rinascita della cultura russa, uno dei padri fondatori della regia teatrale novecentesca, Vsevolod Mejerchol’d, dirige uno Studio sperimentale, affiancato dalla rivista «L’amore delle tre melarance». Contemporaneamente alle ricerche condotte da Stanislavskij, ma seguendo una direzione del tutto opposta, anche Mejerchol’d si da alla formazione di un interprete ideale: musico, danzatore, acrobata, improvvisatore. A suggerirgli questa immagine poliedrica dell'attore è soprattutto la Commedia dell’Arte italiana, proseguita da Carlo Gozzi e ammirata dai romantici tedeschi. Puntando al rinnovamento radicale del teatro, Mejerchol’d esplora le fondamenta stesse dell'arte drammatica, fino a tornare alla sua origine: la struttura ritmica. La tragedia greca, Shakespeare e il Siglo de oro, Molière e Puskin: è questo il cuore antico cui si rifà la nuova esperienza scenica. Specchio ma anche contrappunto teorico del lavoro sperimentale, la rivista «L’amore delle tre melarance» è chiamata a chiarirne la base programmatica e lo sfondo storico, avvalendosi di collaboratori del calibro di Aleksandr Blok, Konstantin Miklasevskij, Viktor Zirmunskij. Questo libro traccia le linee guida del pensiero del primo Mejerchol’d e ricostruisce nei particolari sia la parabola dello Studio che i temi trattati dalla rivista, cui fa seguito un'ampia antologia di materiali documentali presentati per la prima volta in lingua italiana.