Ultimi arrivi

Tokyo, 1936. Il legame tra la giovane cameriera Sada Abe e Kichizo Ishida , proprietario della pensione presso cui presta servizio, è fatto d'un amore totalmente dominato dai sensi. La relazione parte dall'attrazione reciproca, si evolve attraverso l'estasi sensuale per precipitare, nel finale, in un baratro erotico. I due amanti vivono alimentando (e alimentandosi di) questo tipo di legame, l'uno in funzione del piacere che può dare all'altro, annullando, con l'ossessivo ripetersi degli amplessi, ogni forma di quotidianità tradizionale e di razionalità. La costante necessità che hanno l'uno dell'altra è tale che non possono impedirsi di copulare nemmeno in presenza di altre persone o all'aperto. Il compulsivo consumarsi del gesto carnale, che diviene sempre più estremo, si conclude con la morte di Kiki, soffocato nell'ultima e mortale trasgressione. Nel finale, Abe Sada recide il membro di Kiki - d'evidente valore simbolico e affettivo - e se ne appropria, portandolo dentro di sé per tre giorni, fino all'arresto da parte della polizia
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“La Macchina del Sogni” continua il suo viaggio e giunge a Sortino, in provincia di Siracusa. Su invito degli Amministratori, la manifestazione accoglie la terza rassegna di teatro delle marionette che si svolgeva nella cittadina iblea già da due anni.L’edizione raccoglie, come di consueto, mostre, installazioni, incontri, dibattiti e coinvolge tutti, adulti, bambini, giovani e meno giovani, ma pone l’accento sul “censimento” dei pupari, costruttori e pittori attivi, riuniti in un convegno che si propone l’obiettivo di dettare le basi per un disegno di legge in favore del teatro dei pupi, proposto e discusso da tutti gli opranti della Sicilia.Non solo spettacoli ma tutto un fervore di iniziative, distribuite contemporaneamente in diversi spazi, cercando di interessare al contempo studiosi, artisti e spettatori.Il tema scelto per questa edizione è quello delle “Serate speciali”, spettacoli di pura invenzione poetica, alcuni nati sulla scia della tradizione, altri di nuovo repertorio, altri di puro sconfinamento scenico con manovra a vista e contaminazione tra il linguaggio epico-cavalleresco e il teatro da strada
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Un libro bello, onesto e interessante. Mi vanto di aver capito per primo, molti anni fa, che questo fotografo persiano è bravo, intelligente e motivato soltanto fotograficamente; nel senso che non usa la fotografia per certi motivi, ma il suo solo motivo è usare la fotografia. Disgraziatamente questa non è la regola ma l’eccezione, perché i più usano la fotografia per fare la rivoluzione, o per impedirla, o per illustrare altra cosa: insomma, per loro la fotografia è un mezzo. Per Nosrat Panahi Nejad è l’unico scopo, o almeno mi pare così. Naturalmente gli interessa anche il soggetto, “un” soggetto, ma mi ricordo di molte sue opere dove il soggetto era solo la fotografia.Foto Nosrat macchina787E arriviamo a questo bel libro: i suoi foto ritratti di pupi sono molto belli e rivelano un altro buco nella voluminosa Storia del Ritratto pubblicata dalla Alinari, di cui si è già parlato in questa rubrica. L’elemento centrale del ritratto, fatto a mano o a macchina, sono come tutti sappiamo gli occhi, lo sguardo. Se volete e se potete fate alcuni confronti: l’uomo è il soggetto dallo sguardo meno espressivo, meno “umano”. Lo sguardo più umano di tutti lo hanno i cani, specialmente quelli piccoli, dal nasino schiacciato come i grifoni. Io vivo da tempo con una grifoncina che, se mi fissa, mi mette a disagio e commuove fino alla lacrime: proprio così. Mi fa sentire in colpa, non verso di lei che la coccolo per delle ore: ma in colpa come uomo verso tutti i cani del mondo ai quali la mia razza malvagia ha fatto sempre del male. Chi un cagnolino non ha può pensare che esagero; chi invece ce l’ha sarà d’accordo con me.Dopo i cani lo sguardo più umano lo hanno le scimmie; poi viene il bue, come scrive il poeta. Ma al quarto posto c’è il burattino, il pupo. Solo in fondo a una serie lunghetta c’è l’uomo. A Nosrat Panahi Nejad, se devo fare una critica, è quella di essere stato avaro di primissimi piani. Ma adesso parliamo dei testi di Mimmo Cuticchio: sono interessantissimi e mi hanno fatto scoprire un sacco di cose, di quelle che ti fanno venire le idee. Faccio solo l’esempio più semplice, quello dei nomi delle pupe “in paggio” di cui nel libro si trova l’elenco. Galerana, Fedesmonda, Fiordispina, Armellina, eccetera. Poi ci sono i pupi misti come Pulicane, mezzo uomo e mezzo cane, che compare nella storia di “Buovo d’Antona”. E che dire dei nomi dei maghi? Malagigi, Tuttofuoco, Millifai, Araspase, Demorgene. Eccetera eccetera. Questi nomi innescano testi vecchi e nuovi, scritti e mai scritti, detti e non detti: come può confermare chi scrive o racconta storie di favole. Provate anche voi, cominciate a scrivere in cima a un foglio, o a raccontare a un bambino: “ C’era una volta un mago di nome Araspase, che un girono sente bussare alla porta. Va ad aprire e c’è Fedesmonda che dice….”. Sarà facilissimo continuare.
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